martedì 17 luglio 2018

Tessuto osseo

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Nota: il tessuto cartilagineo ed il tessuto osseo vengono comunemente definiti tessuti connettivi di sostegno.

Il tessuto osseo è un tessuto dinamico e plastico: provvede a modulare la propria struttura in seguito a stimoli sia organici che meccanici. Esso è formato da una parte organica ed una parte inorganica. La parte organica è composta da cellule proprie del tessuto osseo (cellule osteoprogenitrici, osteoblasti, osteociti e osteoclasti che provvedono all’accrescimento, alla produzione e al riassorbimento del tessuto osseo) e da matrice extracellulare (sostanza amorfa e fibre collagene di tipo I). La parte inorganica è costituita da numerosi sali minerali come i fosfati di calcio e magnesio e i citrati di Na, Mn, K. La componente organica della matrice extracellulare rappresenta il 35% del peso secco dell’osso e ne determina robustezza ed elasticità mentre la componente inorganica mineralizzata rappresenta il 65% del peso secco e conferisce al tessuto osseo compattezza e durezza. Il tessuto osseo è soggetto a numerosi cambiamenti strutturali e funzionali dovuti all’età, all’alimentazione e alle condizioni generali del soggetto.


Periostio
Le superfici esterne dell’osso sono rivestite da una spessa capsula connettivale costituita da tessuto connettivo denso a fibre intrecciate, il periostio, che ha il compito di proteggere l’osso e di supportare l’azione trofica mediata dai vasi sanguigni di cui è ricco. Nella faccia esterna del periostio sono presenti poche cellule e molte fibre collagene (definito strato fibroso), nella faccia interna , invece, vi sono poche fibre, numerosi capillari sanguigni e cellule osteoprogenitrici con potenziale osteogenico (strato osteogenico). Dal periostio si dipartono trasversalmente, verso il tessuto osseo, fibre connettivali, dette fibre di Sharpey, che hanno il compito, addentrandosi nel sistema di lamelle circonferenziali esterne, di fornire un buon sistema di ancoraggio all’osso.

Endostio
L’endostio è formato da uno strato di cellule squamose e fibre connettivali che ricopre tutte le superfici interne dell’osso (trabecole ossee dell’osso spugnoso, cavità midollari dell’osso compatto, canali di Havers e di Wolkmann). Le cellule che formano l’endostio hanno un alto potenziale osteogenico.


Cellule del tessuto osseo


  • Cellule osteoprogenitrici: Sono di origine mesenchimale e hanno proprietà staminali: esse possono proliferare e differenziare in osteoblasti. Si trovano nel periostio e nell’endostio: riattivate provvedono alla formazione di nuovo tessuto osseo.
  • Osteoblasti: Sono i precursori degli osteociti; sono cellule voluminose, altamente polarizzate, con un nucleo ovoidale leggermente spostato in periferia e con citoplasma intensamente basofilo. Gli osteoblasti provvedono alla produzione sia della matrice organica (definita osteoide) che alla deposizione di quella inorganica, hanno quindi funzioni osteogeniche. Gli osteoblasti producono collagene di tipo I, osteocalcina, osteopontina e sialoproteina dell’osso.
  • Osteociti: Quando gli osteoblasti hanno terminato la formazione dell’osso rimanendo intrappolati all’interno di lacune nella matrice da loro stessi prodotta, diventano osteociti. Gli osteociti sono cellule di forma irregolare, con un nucleo ben evidente e un citoplasma che presenta diversi prolungamenti. Essi sono alloggiati nelle lacune ossee dalle quali si dipartono, in ogni direzione, numerosi canalicoli microscopici. Attraverso questi canalicoli i prolungamenti citoplasmatici di osteociti diversi prendono contatto tra di loro tramite giunzioni comunicanti e con capillari sanguigni presenti nei canali ossei, permettendo così scambi metabolici tra gli osteociti stessi e tra osteociti e sangue. Gli osteociti provvedono al mantenimento della matrice extracellulare dell’osso.
  • Osteoclasti: Gli osteoclasti non appartegono alla linea osteoprogenitrice ma derivano dalla fusione di numerosi precursori monocitari (fino a 30) e sono deputati alla distruzione (riassorbimento) e al rimaneggiamento del tessuto osseo. Sono cellule molto grandi, potendo superare anche i 100 µm di diametro, e hanno numerosi nuclei. Anche gli osteoclasti sono cellule altamente polarizzate: quando attivate presentano una faccia citoplasmatica in prossimità dell’osso con caratteristiche increspature molto mobili ed aderiscono alla superficie dell’osso creando un microambiente isolato da quello circostante (zona sigillata) che viene acidificato per l’attivazione successiva di enzimi di derivazione sia lisosomale (proteinasi e fosfatasi) che non lisosomale (metalloproteinasi). Questo processo porta all’erosione della matrice ossea e alla formazione di una depressione definita lacuna di Howship.


Il tessuto osseo si divide in due tipologie principali:


  • il tessuto osseo non lamellare o trabecolare in cui la matrice extracellulare non forma lamelle; rappresenta il tessuto osseo primario ed è presente durante la vita prenatale e nell’adulto nei casi di neodeposizione ossea (ad esempio in caso di fratture). Nella vita prenatale e nell’adulto in particolari condizioni la funzione del tessuto osseo non è tanto quella di assolvere al compito di forte resistenza alla pressione o alla trazione, ma piuttosto di essere il più possibile leggero, elastico e plastico. Il tessuto osseo non lamellare si divide in tessuto osseo non lamellare a fibre intrecciate e tessuto osseo non lamellare a fibre parallele (presente prevalentemente negli uccelli).


  1. Nel tessuto osseo non lamellare a fibre intrecciate le fibre collagene sono intrecciate a formare un fitto reticolo, la sostanza fondamentale, disposta irregolarmente, è poco rappresentata sia nella sua parte organica che inorganica, le lacune ossee hanno forma globosa e sono tendenzialmente più grandi che nel tessuto osseo lamellare. Il tessuto osseo non lamellare a fibre intrecciate è presente anche nell’adulto a livello di suture dovute a fratture, nelle inserzioni legamentose e tendinee, sulle superfici a ridosso del periostio, in tutte le neodeposizioni di osso in generale ed in particolare nel cemento del dente.
  2. Il tessuto osseo non lamellare a fibre parallele è invece raro nei mammiferi: lo si può trovare nelle zone di inserzione dei tendini.


  • il tessuto osseo lamellare costituisce la stragrande maggioranza del tessuto osseo nei mammiferi adulti ed è organizzato in lamelle.  Il tessuto osseo lamellare, grazie alla sua composizione chimica e alla sua particolare organizzazione strutturale, ha una forte resistenza alla trazione, alla pressione e alle sollecitazioni meccaniche in generale. Grazie alla sua organizzazione in lamelle, infatti, questo tessuto garantisce una buona resistenza alle sollecitazioni, pur non appesantendo particolarmente lo scheletro. Il tessuto osseo lamellare si divide in tessuto osseo lamellare compatto se è composto prevalentemente da lamelle concentriche complete, come per esempio nelle diafisi, e in tessuto osseo lamellare spugnoso se invece è composto da lamelle incomplete che formano tanti piccoli frammenti incastonati fra di loro (trabecole ossee), come per esempio nelle epifisi.
  1. Il tessuto osseo compatto è molto duro, attraversato da numerosi canali contenenti vasi sanguigni e dotti linfatici visibili solo al microscopio.
  2. Il tessuto osseo spugnoso si presenta come un un reticolo tridimensionale di trabecole ossee che viene a delimitare uno spazio labirintico ripieno di midollo osseo.


Nelle ossa lunghe si distinguono le epifisi, corte e rotondeggianti, localizzate alle estremità e costituite prevalentemente da osso spugnoso, e una parte allungata, centrale, a forma di cilindro cavo detta diafisi, formata da osso compatto, estremamente resistente agli urti e alle pressioni e contenente midollo osseo. Nelle ossa piatte, invece, distinguiamo due superfici di tessuto osseo compatto, denominate tavolato interno ed esterno. Al centro è compreso uno strato di tessuto osseo spugnoso.

L’osso è rivestito da uno spesso strato di tessuto connettivo capsulare con forte potenzialità osteogenica: il periostio; fanno eccezione le articolazioni e i punti di inserzione di muscoli e legamenti. Una sottile membrana connettivale, l’endostio, riveste la cavità interna delle diafisi e la superficie delle spicole ossee delle epifisi. Anch’esso, come il periostio, presenta un notevole potenziale osteogenico. Durante l’accrescimento delle ossa lunghe tra la diafisi e l’epifisi è presente uno strato di cartilagine detta cartilagine metafisaria o di coniugazione che assicura il costante aumento in lunghezza dell’osso durante la crescita.

Tessuto osseo lamellare compatto.
Costituisce le diafisi nelle ossa lunghe, lo strato superficiale delle epifisi, i tavolati delle ossa piatte e in generale riveste tutte le superfici ossee. Le lamelle ossee sono organizzate in strati concentrici a formare gli osteoni, in cui gli osteociti sono posti circolarmente, secondo diverse orbite, intorno a canali, detti canali di Havers, contenenti uno o due piccoli capillari sanguigni. Il numero di lamelle che circonda un singolo canale di Havers può variare da 4 a 20. I vari canali di Havers comunicano tra di loro grazie ad altri canali posti, però, trasversalmente od obliquamente, detti canali di Wolkmann, anch’essi contenenti capillari sanguigni. Le sostanze nutritizie arrivano agli osteociti tramite la rete capillare e distribuite mediante la fitta rete di prolungamenti citoplasmatici che li collegano. Gli spazi che si creano fra i diversi osteoni sono occupati da frammenti di osso lamellare di forma e dimensioni variabili detti sistemi interstiziali. I confini fra gli osteoni e i sistemi interstiziali sono facilmente rilevabili da uno strato di tessuto connettivo rifrangente detto linea cementante. La superficie ossea a contatto con il periostio e l’endostio è formata da lamelle disposte parallelamente alla superficie libera dell’osso; queste lamelle sono chiamate lamelle circonferenziali.

Tessuto osseo lamellare spugnoso.
E’ formato da lamelle incomplete associate a formare delle trabecole (come ad esempio nelle epifisi delle ossa lunghe). Questa disposizione spaziale garantisce una migliore resistenza a pressioni multidirezionali, e genera degli spazi intercomunicanti in cui è alloggiato il midollo osseo. Le lamelle sono più o meno intrecciate e di spessore variabile. Gli osteociti sono distribuiti nelle lamelle in maniera disomogenea e con grandezza e forma variabile.



Osteogenesi

L’osteogenesi o ossificazione è il processo che porta alla formazione di tessuto osseo. Questo processo avviene partendo da tessuno mesenchimale preesistente che viene trasformato in tessuto osseo.

Nell’embrione abbiamo due tipi di osteogenesi:

  • l’ossificazione diretta o intramembranosa, in cui il tessuto osseo è formato a partire da tessuto mesenchimale,
  • l’ossificazione indiretta o condrale, in cui il tessuto osseo è formato a partire da cartilagine ialina.

Entrambi i tipi di ossificazioni danno origine ad osso non lamellare che viene poi trasformate in osso lamellare.

Ossificazione diretta
Durante il processo di ossificazione intramembranosa le cellule mesenchimali dell’embrione si organizzano in aggregati (centri di ossificazione) dove si differenziano in osteoblasti che depositano osteoide (matrice extracellulare dell’osso), successivamente mineralizzato a formare tessuto osseo primitivo anche detto tessuto osseo non lamellare a fibre intrecciate che verrà poi sostituito, in seguito a rimodellamento, da tessuto osseo lamellare. Esempi di ossificazione intramembranosa sono quelli delle ossa frontale, parietali, parte delle ossa temporali e mascellare. Nella mandibola il processo di ossificazione diretta (definita ossificazione mantellare) è iniziato e guidato dalla presenza di un bottone cartilagineo che funge da catalizzatore e permette la trasformazione del tessuto mesenchimale circostante in tessuto osseo. In modelli murini l’asportazione chirurgica del bottone cartilagineo provoca la mancata ossificazione della mandibola.


Ossificazione indiretta
L’ossificazione indiretta o condrale (detta anche, impropriamente, endocondrale) è quel processo che forma l’osso a partire da una struttura in cartilagine ialina. Il termine condrale risulta più appropriato (vedi anche V. Monesi, Istologia, Piccin Editore) perchè questo tipo di ossificazione comprende sia ossificazione endocondrale propriamente detta, che origina da cartilagine preesistente, sia ossificazione a carico del pericondrio prima e del periostio poi, ossificazione pericondrale e periostale, processo di ossificazione molto simile a quello intramembranoso. Questi due processi, endocondrale e pericondrale/periostale, avvengono contemporaneamente. Esempi di ossificazione condrale sono quelli delle ossa della base cranica, della colonna vertebrale, del bacino e degli arti.
Il modello più studiato di ossificazione condrale è quello delle ossa lunghe. La formazione delle ossa lunghe inizia con la formazione di un modello cartilagineo a cui fa seguito: nella diafisi (centro di ossificazione primario) a) un processo di ossificazione endocondrale che rimpiazza la cartilagine con tessuto osseo secondo una dinamica che pemette l’accrescimento in lunghezza dell’osso e b) un processo di ossificazione pericondrale/periostale che garantisce l’accrescimento in larghezza dell’osso; nell’epifisi (centri di ossificazione secondari) il solo processo di ossificazione endocondrale.

Ossificazione endocondrale
Il processo di ossificazione endocondrale si realizza per fasi successive. Esempio tipico ne è l’ossificazione a livello della metafisi dell’osso lungo. Si distinguono diverse zone:
Zona della cartilagine a riposo o di riserva, è formata da condrociti di riserva che confinano con l’epifisi.
Zona di proliferazione, è formata da condrociti in attiva fase proliferativa che si dispongono in colonne.
Zona di maturazione, è formata da cellule che aumentano di dimensione.
Zona ipertrofica, qui le cellule hanno raggiunto la loro dimensione massima, la matrice extracellulare viene progressivamente calcificata riducendone la permeabilità alle sostanze nutritizie.
Zona di degenerazione, la calcificazione della matrice porta a degenerazione dei condrociti. Gli spazi delle lacune lasciate vuote vengono popolati da vasi sanguigni e da cellule osteoprogenitrici che si poi si raggruppano sulle formazioni di cartilagine calcificata residue e su cui depositeranno tessuto osseo non lamellare a fibre intrecciate che successivamente si riorganizzerà in tessuto osseo lamellare.

Ossificazione pericondrale/periostale
Esternamente all’osso in formazione abbiamo la formazione di una membrana periostale che, a partire dal centro della diafisi, lo avvolge per la sua lunghezza. Questa membrana deposita tessuto osseo non lamellare a fibre intrecciate apponendolo al tessuto osseo formatosi per ossificazione endocondrale, garantendo così l’aumento in larghezza dell’osso. Successivamente, il tessuto osseo non lamellare a fibre intrecciate formato per ossificazione pericondrale/periostale va incontro a rimodellamento e sostituito da tessuto osseo lamellare.


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